Dossier PACOBACE

Parlando di orsi in Trentino abbiamo spesso citato sigle come PACOBACE, PAT, ISPRA, ecc. Di cosa si tratta esattamente? Come possiamo orientarci nella quantità di informazioni sparse fra articoli di giornale e post in Facebook? Per capire meglio quale sia il retroterra su cui poggia la triste gestione della convivenza Uomo-orso in Trentino, abbiamo redatto un piccolo dossier che ripercorre, in ordine cronologico, le tappe delle scelte istituzionali fatte dalla reintroduzione dell’orso fino a oggi.

Con questo resoconto non intendiamo avallare nessuno degli assurdi provvedimenti riportati nei documenti ufficiali che seguono, ma solo fornire uno strumento di formazione per chi volesse vederci chiaro. Ringraziamo anticipatamente tuttu coloro che vorranno contribuire, con suggerimenti e integrazioni, a renderlo un lavoro più corretto e completo.

Dal Progetto Life Ursus all’elaborazione del PACOBACE

1996:

Con l’acceso ai fondi LIFE Natura dell’Unione Europea prende il via il Progetto Life Ursus per la tutela della popolazione dell’orso bruno del Brenta. Promosso dal Parco Naturale Adamello Brenta in collaborazione con la Provincia Autonoma di Trento (PAT) e l’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (oggi diventato ISPRA), il progetto prevede il reinserimento di una decina di orsi adulti, provenienti dalla Slovenia, sul territorio del parco, con l’obiettivo di ricreare in 20-40 anni una popolazione di orsi di circa 40-50 individui. Al progetto partecipa, fra i partner, anche l’Associazione Cacciatori Trentini, che collabora tuttora al monitoraggio degli orsi.

1999:

Terminato lo studio di fattibilità, e con l’approvazione delle Linee guida e dei protocolli di intervento da parte di PAT e ISPRA, inizia la fase operativa con l’immissione di due esemplari: Masun e Kirka. Tra il 2000 e il 2002 segue un’altra fase di cattura di orsi in Slolvenia e altri 8 individui vengono rilasciati nel territorio del parco, per un totale di 10. Tutti sono muniti di radio-collare e di due marche auricolari emettitrici. Intanto, fra il 2001 e il 2005, l’Unione Europea accorda ulteriori finanziamenti per il progetto.

2004:

Il progetto Life Ursus si considera concluso “con successo”, con l’effettivo adattamento degli orsi e gli avvistamenti dei primi cuccioli. Nel 2018 si stima che la popolazione di orsi nell’arco alpino abbia raggiunto circa 50 esemplari. Peccato che nell’arco di questi stessi anni 34 orsi abbiano fatto una brutta fine: abbattuti, scomparsi, morti durante la cattura, investiti, uccisi per “errore” dall’anestesia, uccisi da bracconieri e, non ultimo, imprigionati. Trovate l’elenco nelle tabelle.

2008:

Il piano PACOBACE, cos’è e chi è coinvoltu?

Viene redatto e adottato il PACOBACE (Piano d’Azione interregionale per la Conservazione dell’Orso Bruno sulle Alpi Centro-orientali). Questo documento contiene il complesso di norme e protocolli, elaborati dal Ministero dell’Ambiente e ISPRA in collaborazione con gli Enti Regionali, che regolano la gestione dell’orso bruno (Ursus arctos) per le Regioni e le Provincie autonome delle Alpi centro-orientali.

Tale piano, redatto da un tavolo tecnico interregionale costituito da Provincia Autonoma di Trento, Provincia Autonoma di Bolzano, Regione Friuli-Venezia Giulia, Regione Lombardia, Regione Veneto, Ministero dell’Ambiente e ISPRA, è stato formalmente adottato dalle Amministrazioni territoriali coinvolte e approvato dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare con Decreto direttoriale n. 1810 del 5 novembre 2008. Il piano indirizza le attività di tutela e ripopolamento, le prassi veterinarie relative agli interventi, regola il monitoraggio delle femmine, il monitoraggio radiotelemetrico, dispone gli indennizzi per eventuali danni e le modalità di accertamento, determina i criteri per giudicare il grado di pericolosità di un orso e le procedure di intervento da seguire per tutelare la salute pubblica. Il coinvolgimento delle varie regioni punta a creare omogeneità nella valutazione e gestione degli orsi in tutte le Alpi centro-orientali. Potete scaricare il pdf integrale qui.

Cosa prevede il PACOBACE in materia di catture e abbattimenti?

Nel cap. 3 si esaminano criteri e procedure d’intervento nei confronti degli orsi ritenuti “problematici”. Secondo il documento, un orso problematico può essere definito “dannoso” o “pericoloso” a seconda che il suo comportamento possa causare danni, rispettivamente, ai beni materiali (fra cui si includono anche gli animali da allevamento) o agli esseri umani. Nella tabella 3.2 vengono schematizzati i possibili atteggiamenti degli orsi e relative azioni.

Il documento prevede già, per alcune casistiche, la captivazione permanente (lettera J) o l’abbattimento (lettera K) ma solo come misure estreme dove tutti gli altri strumenti preventivi, inclusa l’adozione di comportamenti corretti da parte di istituzioni, turistu, allevatoru non abbiano avuto successo. Con le successive modifiche che verranno apportate al PACOBACE, la situazione continuerà a peggiorare con l’estensione delle cosiddette “misure energiche” e con il potere decisionale (di vita o di morte) spostato praticamente nella mani di UNA SOLA delle istituzioni coinvolte. Nella seconda parte vedremo nel dettaglio quali sono queste modifiche, come sono nate e cosa comportano per gli orsi.

 

Le modifiche al cap. 3 del PACOBACE e le gravi conseguenze per gli orsi

Nella prima parte abbiamo visto come dal 1999 con il progetto Life Ursus gli orsi bruni siano stati reintrodotti volutamente sul territorio delle Alpi Centro Orientali e come, nel 2008, sia stato adottato da Ministero dell’Ambiente, ISPRA e le regioni alpine coinvolte un piano d’azione (il PACOBACE) che regolamenta la gestione degli orsi. Il cap. 3, in particolare, definisce le azioni “energiche” da adottare contro gli orsi ritenuti “problematici” dando di fatto potere di vita o di morte alle istituzioni che gestiscono gli orsi sul territorio (nel nostro caso la PAT). La situazione degli orsi è peggiorata notevolmente con le modifiche al cap. 3.

2013:

La Provincia Autonoma di Trento invita le altre regioni sottoscrittrici del PACOBACE ad avanzare congiuntamente al Ministero dell’Ambiente la richiesta di modifica al cap. 3 per ridefinire (in senso peggiorativo per gli orsi) le tipologie di atteggiamenti considerati problematici e le conseguenti azioni “energiche” previste.

Viene richiesta, facendo pressione sul fatto che l’intera popolazione alpina di orsi si trova in Trentino, maggiore autonomia decisionale verso quelli classificati come “problematici”. In altre parole la PAT può agire in piena autonomia secondo le nuove tabelle modificate, in barba al fatto che sia comunque necessaria l’autorizzazione da parte del Ministero e ISPRA per agire nei casi più gravi.

2015:

Il Ministero dell’Ambiente rende esecutive le modifiche proposte dalla PAT nel 2013.

Qui il documento modificato. Nelle immagini trovate la tab. 3.1 POST modifica. Cosa cambia?

– Una prima cosa che notiamo è che in generale, laddove erano previste solo misure leggere, vengono ora previste misure “energiche”, incluse le azioni j e k, dove j sta per cattura per captivazione permanente e K per abbattimento.

– Nello specifico notiamo che gli atteggiamenti R e S vengono accorpati in un unico articolo, eliminando sostanzialmente ogni possibile differenza di valutazione legata al fatto che l’orsa attacchi per difendere i cuccioli o meno. È questa la modifica che ha toccato da vicino l’orsa KJ2, condannata all’abbattimento per aver aggredito un uomo dall’allora Presidente della PAT Ugo Rossi, e uccisa a colpi di fucile. Il fatto che avesse cuccioli e che probabilmente fosse stata provocata dal cane dell’uomo e colpita dallo stesso con un bastone non fu preso in considerazione. Le modifiche al PACOBACE prevedono la possibilità di abbattimento (lettera k) anche per orse che difendono i loro cuccioli. Qui potete leggere la storia di KJ2.

– Altra modifica con gravi conseguenze è l’aggiunta del punto 14, che inserisce fra gli atteggiamenti a rischio il famigerato “orso dannoso” (“orso provoca danni ripetuti a partimoni per i quali l’attivazione di misure di prevenzione e/o di dissuasione risulta inattuabile o inefficace”). Questo è quello che ha fatto la grande differenza per M49 (Papillon), macchiatosi della colpa di danni al patrimonio zootecnico. Nonostante il PACOBACE preveda la possibilità di monitoraggio e traslocazione per gli orsi che mostrano comportamenti simili, quella dell’incarcerazione o dell’uccisione ad oggi sembra l’unica forma di gestione prevista dalla provincia autonoma di Trento. Con la competenza sulla fauna selvatica tutta in mano alla PAT sarà molto difficile cambiare questa linea.

Nella terza e ultima parte parleremo di misure preventive, quasi mai adottatte, di chi sono i soggetti coinvolti e di quali sono gli interessi in questa partita giocata sulla vita degli orsi.

 

Orsi e antropizzazione, le misure preventive

Come anticipato chiarezza su quali sono le misure preventive in esso esplicitate, allo scopo di scongiurare a monte le criticità derivanti da incontri umano-orso troppo frequenti.

Come lo stesso piano afferma e sottolinea in ogni paragrafo, gli orsi sono animali schivi che difficilmente cercano contatti con i membri della loro stessa specie, sicuramente non cercano di proposito di incontrare gli esseri umani. Tuttavia, la ricerca del cibo, laddove il loro territorio non sia abbastanza florido, li spinge a superare la loro naturale timidezza e frequentare zone antropizzate. Banalmente, più che i tanto millantati danni agli animali d’allevamento (che vengono rimborsati), stiamo parlando della nostra spazzatura.

Il PACOBACE, cui ora Fugatti si appella per avvalorare le sue scelte, dispone con chiarezza una lunga serie di misure preventive e comportamenti corretti che le istituzioni, i turisti e gli allevatori dovrebbero adottare per scongiurare l’abitudine degli orsi di nutrirsi di cibo antropico (ovvero spazzatura e cassonetti) e rendere quindi la convivenza meno conflittuale. Fra queste sono testualmente citate nel documento: recinzioni e reti elettrificate; cani da guardiania; stabulazione notturna del bestiame in stazzi elettrificati; sorveglianza delle mandrie e delle greggi alpeggiate; utilizzo maestranze qualificate; smaltimento delle carcasse del bestiame; relizzazione di ricoveri per pastori in alta quota; gestione oculata dei rifiuti organici con adeguamento dei contenitori e delle discariche; condizionamento sull’animale allo scopo di ripristinare la diffidenza nei confronti dell’uomo.

Queste misure, insieme agli strumenti di formazione (seminari, workshop), hanno lo scopo preciso di evitare provvedimenti estremi come catture e abbattimenti, ritenuti dallo stesso PACOBACE non necessari davanti a una corretta gestione delle criticità.

Dopo una lunga e accurata ricerca, scopriamo che l’ASIA (Azienda per lo Smaltimento dei Rifiuti) nel 2013, dietro disposizione della Provincia di Trento, ha distribuito un centinaio di cassonetti a prova di orso nei comuni di Andalo, Molveno, Fai della Paganella, Cavedago, Spormaggiore, Terlago e Vezzano. Dal 2013 in poi nessun dispositivo anti orso viene implementato, o quantomeno non ve ne è notizia fino al 2020 quando, a seguito di tutte le polemiche in corso, la Provincia Autonoma di Trento riprende a distribuire ben 40 cassonetti adeguati ai comuni interessati dalle fantomatiche visite indesiderate.

Ma dal 2013 al 2020 quanti plantigradi, privati del loro habitat a causa della invasiva presenza umana, si sono “abituati” e hanno imparato a trovare cibo in modo rischioso?

Quante altre misure sono state disattese, mentre 34 orsi in questi anni scomparivano, venivano uccisi, braccati, imprigionati? Alcune fonti piuttosto attendibili affermano che una delle catture sia costata 160mila euro. Non possiamo fare a meno di pensare a quanti alberi da frutto sarebbe stato possibile piantare con quei soldi, in modo da fornire una quantità sufficiente di cibo selvatico agli orsi al fine di ridurre la necessità di frequentare zone abitate. Quanti recinti elettrificati potrebbero essere acquistati con i soldi che attualmente si stanno sprecando nel lager Casteller?

Sostanzialmente, ci pare di capire che il piano PACOBACE venga tirato in ballo e sfruttato quando si tratta di attingervi strumenti specisti e misure punitive, ma totalmente ignorato nelle sue parti “sane” che, se seguite, avrebbero certamente diminuito le occasioni pretestuose usate contro gli orsi. Orsi che, lo ribadiamo, devono restare liberi.