Cosa sarebbe successo a Carrito se invece che in Abruzzo fosse nato in Trentino?

 

 

 

 

 

 

 

Se la storia di Carrito fosse ambientata in Trentino invece che sui monti del Parco Nazionale d’Abruzzo, forse nemmeno sarebbe nato, perché la giunta Fugatti avrebbe giudicato pericolosa e problematica già sua nonna Gemma, e dopo di lei sua mamma Amarena, e avrebbe preparato una ordinanza di cattura in un attimo.

Se Carrito e i suoi fratelli, nel 2021,  fossero stati avvistati a spasso con la loro mamma nelle strade di Andalo invece che nelle strade di Goriano, il sindaco sarebbe di corsa andato a lamentarsi da Fugatti per chiedere un intervento di emergenza e probabilmente Carrito avrebbe assistito all’assassinio della sua mamma. Invece, a Goriano il sindaco Marganelli per proteggere Amarena e i suoi piccoli ha emesso subito un’ordinanza che vietava di avvicinarsi a loro.

Se nell’estate del 2021 la valle di stazionamento della famigliola di orsi fosse stata presa d’assalto da turisti e fotografi, il Parco Adamello Brenta non avrebbe fatto un bel nulla, invece per un’intera estate il parco abruzzese ha bloccato accessi e chiuso strade nel tentativo di impedire contatti con gli esseri umani.

Se, terminato il periodo con la madre, Carrito avesse cominciato a prendere di mira i pollai in Val di Sole, i cittadini “vittime” delle sue incursioni non avrebbero postato video sui social commentando che «è normale, perché anche gli orsi abitano le montagne», avrebbero millantato aggressioni mortali e trovato il modo di farsi ricomprare le giacche, inventando storie fantasiose di orsi scacciati con la musica del cellulare, per avere qualche minuto di notorietà e scroccare un capo di abbigliamento nuovo.

Se invece che svaligiare una pasticceria a Roccaraso, Carrito avesse svaligiato una malga abbandonata in Trentino, sarebbe stato deportato e rinchiuso nel Casteller.

Se invece che diventare cittadino abituale di Roccaraso, Carrito fosse stato solito visitare i cassonetti di Molveno, un veterinario poco aggiornato o in malafede  forse gli avrebbe piantato in testa un sedativo del dopoguerra privo di antidoto, sbagliando la dose, nel tentativo di catturarlo, uccidendolo. E se fosse stato catturato correttamente, sarebbe stato sbattuto in qualche triste zoo in qualche altra nazione, di certo non sarebbe stato tenuto qualche settimana in castigo per poter essere rilasciato nel suo ambiente per l’ennesima volta. E i cittadini non avrebbero fatto partire una petizione chiedendo la sua immediata liberazione, no, i cittadini trentini se ne sarebbero stati in silenzio, senza aprire bocca. Avrebbero lasciato vincere la narrazione falsa e scorretta voluta da Fugatti e dal suo elettorato di allevatori diseducati all’allevamento in sicurezza.

Invece, per fortuna, nonostante siano sicuramente parzialmente responsabili dell’eccessiva confidenza di Carrito, gli abruzzesi si sono fatti sentire a gran voce, perché lo vogliono libero. Pur senza aver compreso ancora quali siano i corretti comportamenti da adottare per prevenire queste situazioni, è stato chiaro fin da subito: Carrito non si tocca.

Se Carrito fosse stanziale nei pressi di Cavedago, ISPRA non avrebbe autorizzato una cattura rieducativa per un breve lasso di tempo con lo scopo di tutelare l’orso per primo, ma avrebbe accontentato il politico prepotente con la voce grossa che gira con la scorta senza motivo e avrebbe avallato abbattimento, cattura o deportazione all’estero.

Se Carrito fosse nato in Trentino, avrebbe avuto la medesima ed erronea disponibilità di cassonetti inadeguati, avrebbe assunto i medesimi comportamenti rischiosi prima di tutto per sé, a causa degli umani. Ma da quegli stessi umani sarebbe stato umiliato, braccato, sconfitto.

Fortunatamente Juan Carrito è nato in Abruzzo, dove purtroppo non è totalmente al sicuro, dove purtroppo trova cibo facile in luoghi antropizzati, ma dove esistono due parchi nazionali e delle istituzioni che non benissimo, per carità, ma benino, provano a proteggerlo dagli errori umani. Provano a difenderlo da noi, che siamo creature feroci e invadenti, che abbiamo rubato la loro casa, messo in atto comportamenti che rendono gli orsi un “problema” per poi esigere che scompaiano. Che sarebbe, a ben vedere, il primo dovere di un Ente Parco: proteggere gli animali selvatici da politici stolti e disinformazione.

Non sappiamo che finale avrà la rocambolesca storia di Carrito, speriamo che stia lontano dai centri abitati come pare finalmente stia facendo in queste ultime settimane, speriamo che le sue apparizioni in pubblico diventino un ricordo, speriamo di non vedere più video di comportamenti scorretti, inseguimenti per avere materiale da social, cassonetti inadeguati.
Ma Carrito, per fortuna, non è nato in Trentino, che lo sappiamo:  non è un posto per orsi. Lunga vita a Carrito che, come accade anche per gli esseri umani, ha avuto la fortuna di nascere in un luogo invece che in un altro, al di qua di un confine, e avrà sicuramente delle chance in più di farcela.