La situazione degli orsi in Trentino e la campagna #StopCasteller

Che cosa è successo in Trentino dal progetto Life Ursus, avviato nel 1999, ad oggi? Qual è stata e qual è la situazione per gli orsi? Abbiamo cercato di spiegarvelo in questo articolo.

Nel 1999, con l’acceso ai fondi LIFE Natura dell’Unione Europea, prende il via il progetto Life Ursus per la tutela della popolazione dell’orso bruno del Brenta. Promosso dal Parco Naturale Adamello Brenta in collaborazione con la Provincia Autonoma di Trento (PAT) e l’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (oggi ISPRA), il progetto prevede il reinserimento di una decina di orsi adulti provenienti dalla Slovenia sul territorio del parco, con l’obiettivo di ricreare in 20-40 anni una popolazione di orsi di circa 40-50 individui. Al progetto partecipa, fra i partner, anche l’Associazione Cacciatori Trentini, che collabora tuttora al monitoraggio degli orsi.

Terminato lo studio di fattibilità e approvate le linee guida e i protocolli di intervento da parte di PAT e ISPRA, inizia la fase operativa con l’immissione di due esemplari: Masun e Kirka. Tra il 2000 e il 2002 segue un’altra fase di cattura di orsi in Slovenia e altri otto individui vengono rilasciati nel territorio del parco, per un totale di 10. Tutti sono muniti di radio-collare e di due marche auricolari emettitrici. Intanto, fra il 2001 e il 2005, l’Unione Europea accorda ulteriori finanziamenti per il progetto

Nel 2004 il progetto Life Ursus si considera concluso «con successo», ovvero con l’effettivo adattamento degli orsi e gli avvistamenti dei primi cuccioli. Nel 2018 si stima che la popolazione di orsi nell’arco alpino abbia raggiunto circa 50 esemplari. Peccato che nell’arco di questi stessi anni 37 orsi abbiano fatto una brutta fine: abbattuti, scomparsi, morti durante la cattura, investiti, uccisi per “errore” dall’anestesia, uccisi da bracconieri e, non ultimo, imprigionati.

 

Nel 2008 viene redatto il PACOBACE (Piano d’Azione interregionale per la Conservazione dell’Orso Bruno sulle Alpi Centro-orientali), che contiene il complesso di norme e protocolli elaborati dal Ministero dell’Ambiente e ISPRA in collaborazione con gli Enti Regionali che regolano la gestione dell’orso bruno (Ursus Arctos) da parte delle Regioni e Provincie Autonome delle Alpi centro-orientali. Tale piano, redatto da un tavolo tecnico interregionale costituito da Provincia Autonoma di Trento, Provincia Autonoma di Bolzano, Regione Friuli-Venezia Giulia, Regione Lombardia, Regione Veneto, Ministero dell’Ambiente e ISPRA, è stato formalmente adottato dalle amministrazioni territoriali coinvolte e approvato dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare con Decreto direttoriale n. 1810 del 5 novembre 2008. Il piano indirizza le attività di tutela e ripopolamento, le prassi veterinarie relative agli interventi, regola il monitoraggio delle femmine, il monitoraggio radio-telemetrico, dispone gli indennizzi per eventuali danni e le modalità di accertamento, determina i criteri per giudicare il grado di pericolosità di un orso e le procedure di intervento da seguire per tutelare la salute pubblica. Il coinvolgimento delle varie regioni punta a creare omogeneità nella valutazione e gestione degli orsi in tutte le Alpi centro-orientali.

Nel terzo capitolo del piano si esaminano criteri e procedure d’intervento nei confronti degli orsi ritenuti “problematici”. Secondo il documento un orso problematico può essere definito “dannoso” o “pericoloso” a seconda che il suo comportamento possa causare danni ai beni materiali (fra cui si includono anche gli animali da allevamento) o agli esseri umani. Il documento prevede già, per alcune casistiche, la captivazione permanente o l’abbattimento, ma solo come misure estreme dove tutti gli altri strumenti preventivi, inclusa l’adozione di comportamenti corretti da parte di istituzioni, turisti, allevatori non abbiano avuto successo. Le direttive del PACOBACE, già prima delle modifiche che verranno apportate anni dopo, vengono disattese, se nel 2011 DJ3, figlia di Daniza e Joze, viene catturata con un’ordinanza firmata dall’allora presidente della Provincia di Trento Lorenzo Dellai, dopo che l’orsa ha predato a Rancore un capo di allevamento di proprietà del parroco Don Igor. Secondo le direttive PACOBACE diverse sono le misure da adottare in questi casi, dai recinti elettrificati ai cani da guardiania, ma Dellai, irremovibile anche davanti a prospettive di trasferimento dell’animale oltre confine, ne ordina l’immediata cattura e prigionia al Casteller. Il 17 maggio 2011 DJ3 varca così il recinto del suo carcere, dove è vissuta per ben 10 anni, finché non è stata trasferita in Germania. Vale la pena ricordare anche il caso dell’uccisione di Daniza, avvenuta nel 2014. L’orsa, nel tentativo di difendere i suoi cuccioli, ferisce il “cercatore di funghi Maturi”. Il vicepresidente della Provincia di Trento, Alessandro Olivi dichiara di essersi rifiutato di firmare l’ordinanza di abbattimento di Daniza e di aver firmato solo per la sua cattura e trasferimento al Casteller, fatto che termina tragicamente con la morte dell’orsa.

 

Con le modifiche che vengono apportate al PACOBACE nel 2015 la situazione peggiora, con l’estensione delle cosiddette “misure energiche” e con il potere decisionale (di vita o di morte) spostato praticamente nelle mani di una sola delle istituzioni coinvolte.

Nel 2013 la Provincia Autonoma di Trento invita le altre regioni sottoscrittrici del PACOBACE ad avanzare congiuntamente al Ministero dell’Ambiente la richiesta di modifica al capitolo 3 per ridefinire (in senso peggiorativo per gli orsi) le tipologie di atteggiamenti considerati problematici e le conseguenti azioni “energiche” previste. Viene richiesta, facendo pressione sul fatto che l’intera popolazione alpina di orsi si trova in Trentino, maggiore autonomia decisionale verso quelli classificati come “problematici”. In altre parole la PAT può agire in piena autonomia secondo le nuove tabelle modificate, in barba al fatto che sia comunque necessaria l’autorizzazione da parte del Ministero e ISPRA per agire nei casi più gravi. I promotori di questa iniziativa sono: per la Provincia di Trento Lorenzo Dellai (centro-sinistra) e Ugo Rossi (centro-sinistra); per la Provincia di Bolzano Alois Durnwalder (Südtiroler Volkspartei); per il Friuli-Venezia Giulia Renzo Tondo (centro-destra) e Debora Serracchiani (centro-sinistra); per la Lombardia Roberto Formigoni (centro-destra) e Roberto Maroni (Lega Nord); per il Veneto Giancarlo Galan (centro-destra) e Luca Zaia (Lega Nord); per il Ministero dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo (Governo Berlusconi) e Gian Luca Galletti (centro-sinistra). Nel 2015 il Ministero dell’Ambiente rende esecutive le modifiche. Diverse cose cambiano: laddove erano previste solo misure leggere, vengono ora previste misure “energiche”, incluse cattura per captivazione permanente e abbattimento; viene eliminata ogni possibile differenza di valutazione legata al fatto che l’orsa attacchi per difendere i cuccioli o meno, modifica che ha toccato da vicino l’orsa KJ2, condannata dall’allora presidente della PAT Ugo Rossi all’abbattimento per aver aggredito un uomo (il fatto che avesse cuccioli e che probabilmente fosse stata provocata dal cane dell’uomo e colpita dallo stesso con un bastone non fu preso in considerazione); viene inserito fra gli atteggiamenti a rischio il famigerato “orso dannoso” («orso provoca danni ripetuti a patrimoni per i quali l’attivazione di misure di prevenzione e/o di dissuasione risulta inattuabile o inefficace»; questo è quello che ha fatto la differenza per M49, macchiatosi della colpa di danni al patrimonio zootecnico).

 

Come lo stesso piano afferma e sottolinea in ogni paragrafo, gli orsi sono animali schivi che difficilmente cercano contatti con i membri della loro stessa specie: sicuramente non cercano di proposito di incontrare gli esseri umani. Tuttavia, la ricerca del cibo, laddove il loro territorio non sia abbastanza florido, li spinge a superare la loro naturale timidezza e frequentare zone antropizzate. Banalmente, più che i tanto millantati danni agli animali d’allevamento (che vengono rimborsati), stiamo parlando della nostra spazzatura. Il PACOBACE dispone con chiarezza una lunga serie di misure preventive e comportamenti corretti che le istituzioni, i turisti e gli allevatori dovrebbero adottare per scongiurare l’abitudine degli orsi di nutrirsi di cibo antropico e rendere quindi la convivenza meno conflittuale. Fra queste sono testualmente citate nel documento: recinzioni e reti elettrificate, cani da guardiania, stabulazione notturna del bestiame in stazzi elettrificati, sorveglianza delle mandrie e delle greggi alpeggiate, utilizzo maestranze qualificate, smaltimento delle carcasse del bestiame, realizzazione di ricoveri per pastori in alta quota, gestione oculata dei rifiuti organici con adeguamento dei contenitori e delle discariche, condizionamento sull’animale allo scopo di ripristinare la diffidenza nei confronti dell’uomo. Queste misure, insieme agli strumenti di formazione, hanno lo scopo preciso di evitare provvedimenti estremi come catture e abbattimenti, ritenuti dallo stesso PACOBACE non necessari davanti a una corretta gestione delle criticità.

L’ASIA (Azienda per lo Smaltimento dei Rifiuti) nel 2013, dietro disposizione della Provincia di Trento, ha distribuito un centinaio di cassonetti a prova di orso nei comuni di Andalo, Molveno, Fai della Paganella, Cavedago, Spormaggiore, Terlago e Vezzano, ma dal 2013 in poi nessun dispositivo anti-orso viene implementato o quantomeno non ve ne è notizia fino al 2020 quando, a seguito di tutte le polemiche in corso, la Provincia Autonoma di Trento riprende a distribuire ben 40 cassonetti adeguati ai comuni interessati dalle fantomatiche visite indesiderate. Ma dal 2013 al 2020 quanti plantigradi, privati del loro habitat a causa della invasiva presenza umana, si sono “abituati” e hanno imparato a trovare cibo in modo rischioso? Quante altre misure sono state disattese, mentre 37 orsi in questi anni scomparivano, venivano uccisi, braccati, imprigionati? Alcune fonti piuttosto attendibili affermano che una delle catture sia costata 160mila euro. Quanti alberi da frutto sarebbe stato possibile piantare con quei soldi, in modo da fornire una quantità sufficiente di cibo selvatico agli orsi al fine di ridurre la necessità di frequentare zone abitate? Quanti recinti elettrificati potrebbero essere acquistati con i soldi che attualmente si stanno sprecando nel lager Casteller? Il PACOBACE viene tirato in ballo e sfruttato quando si tratta di attingervi strumenti specisti e misure punitive, ma totalmente ignorato nelle sue parti “sane” che, se seguite, avrebbero certamente diminuito le occasioni pretestuose usate contro gli orsi.

Il 14 settembre 2020, dietro richiesta del Ministero dell’Ambiente, il dott. Piero Genovesi (responsabile dell’Ufficio Coordinamento Fauna Selvatica di ISPRA), il comandante e medico veterinario Luca Brugnola (Carabinieri Forestali del Molise) e il gen. Massimiliano Conti (comandante del gruppo C.I.T.E.S dei carabinieri forestali) effettuano un sopralluogo presso la struttura del Casteller, dove erano all’epoca detenuti gli orsi denominati M49 (maschio), M57(maschio) e DJ3 (femmina), ora in Germania. Dalla relazione che il dott. Guadagnini (capo veterinario Grandi Carnivori del Trentino) consegna al C.I.T.E.S si apprende che a partire dal 10 settembre la situazione degli orsi si è aggravata fortemente: «tutti e tre gli orsi versano in una situazione psico-fisica molto severa, dovuta alla forzata convivenza di tre esemplari, a causa delle esigue dimensioni degli spazi disponibili». In particolare, M49 a poche ore dalla sua seconda cattura ha smesso di alimentarsi e «scarica le sue energie» contro le saracinesche della sua cella (di 12 mq.), cercando disperatamente una via di fuga. M57, pur alimentandosi, anche lui rinchiuso nella “tana” (così la PAT chiama questa gabbia), sviluppa movimenti ripetitivi, sintomo di forte stress, provocandosi lesioni per i continui sfregamenti. L’orsa DJ3, la sola rimasta nei recinti esterni, terrorizzata dai due maschi, si nasconde e non si avvicina alla tana, privandosi così del cibo. La situazione è così grave che lo stesso Guadagnini suggerisce il trasferimento di uno dei due maschi presso un’altra struttura (Spormaggiore) e somministra Adaptil e Alprazolam a M49 e M57, mattina e sera, lasciandoli di fatto storditi per grande parte della giornata. Secondo il veterinario, nei giorni successivi la situazione diventa meno preoccupante, per cui DJ3 viene addormentata ancora una volta e rinchiusa nella sua tana. La relazione reca come ultima informazione una valutazione complessivamente positiva.

La visita del C.I.T.E.S. del 14 settembre 2020 produce un documento che si conclude con una chiarezza e durezza inequivocabili: le condizioni di detenzione degli orsi non garantiscono il benessere degli animali. E come potrebbe un recinto permettere a degli orsi di vivere degnamente la loro esistenza?

Il 1 ottobre, trapelate le prime informazioni sulle condizioni degli orsi per le notizie diffuse da LEAL – Lega Antivivizionista, la Provincia risponde che la relazione non è descrittiva della vita degli animali, ma solo di un momento di costrizione dovuto alla necessità di effettuare lavori strutturali volti a ridividere gli spazi e contenere gli animali per permettere agli operai di lavorare in sicurezza. Ma la relazione C.I.T.E.S offriva informazioni diverse e non sappiamo tutt’ora, a distanza di più di un anno, con certezza se gli orsi si trovano ancora rinchiusi nelle gabbie o meno. Le ultime immagini che abbiamo dell’interno del Casteller risalgono a febbraio 2021, quando è stato girato illegalmente un breve video che, attraverso dei fotogrammi che riprendevano le insostenibili condizioni in cui versava uno degli orsi, smentiva la Provincia di Trento riguardo alle sue dichiarazioni sul benessere degli animali.

 

È con queste notizie, insieme a quella della seconda cattura dell’orso M49, che inizia la campagna #StopCasteller, per la liberazione degli orsi rinchiusi nel Casteller e di tutti gli orsi in Trentino. La prima manifestazione nazionale, avvenuta il 18 ottobre 2020, ha un grande successo: molto partecipata, nonostante la critica situazione sanitaria, vede centinaia di persone invadere e bloccare lo spazio antistante il Casteller, mentre altrettante riescono ad avvicinarsi al centro attraverso i boschi e a distruggere decine e decine di metri di recinto. Questa azione, insieme al video che uscirà qualche mese dopo, riportano l’attenzione mediatica sul Casteller, tanto che Fugatti e Giulia Zanotelli, l’assessora all’agricoltura, foreste, caccia e pesca, dovranno fronteggiare le irruzioni, fra gli altri, de Le Iene.

 

A fine gennaio il leghista Maturi adotta una tattica di greenwashing molto familiare alle amministrazioni di centro-destra, tipicamente di scuola brambilliana, e cioè millanta di aver trovato la “soluzione” per uno degli orsi detenuti, ovvero la sua deportazione dal Casteller al Parco Millions of Friends in Romania, ma questa non può essere considerata una soluzione, né sul breve né sul lungo termine: per agevolare il trasporto e il lunghissimo viaggio l’orso verrà sottoposto nuovamente a telenarcosi e traumi, gli verranno imposti un nuovo ambiente e nuove convivenze forzate e sarà comunque rinchiuso in un recinto poco più grande di quello del Casteller.

 

Pochi giorni dopo interviene anche Brigitte Bardot, che rilancia la “soluzione” di Maturi insieme a una proposta: perché non deportare, non uno, ma tutti e tre gli orsi in un’area faunistica? Ovviamente, la liberazione degli orsi non viene presa in considerazione nemmeno da coloro a cui piace dichiararsi “animalisti”, che preferiscono suggerire il trasferimento in un’altra struttura detentiva, definita bonariamente «parco orsi» (vd. il Dancing Bears Park Belitsa, che la Fondazione di B.B. cogestisce in Bulgaria), dove vengono accolti gli «orsi ballerini» provenienti da Albania, Bulgaria e Serbia. Gli orsi presenti in questa struttura sono pur sempre orsi che vivono in cattività e quindi questo non risolve in alcun modo la terribile situazione in cui versano gli orsi trentini, per cui oltretutto l’adattamento a questi spazi è decisamente più ostico rispetto a quello degli «orsi bellerini», sfruttati fin dalla nascita nel circo, cresciuti con l’essere umano in spazi minuscoli, abituati a viaggiare su camion e a vivere legati a una catena di pochi metri. Gli orsi detenuti nel Casteller sono nati liberi e la cattività nei parchi può apparire un miglioramento delle condizioni di vita di partenza, ma non è così: lo spazio a disposizione in questi luoghi sarebbe infatti di pochissimo superiore allo spazio disponibile al Casteller. Questo è il caso di DJ3, che di nascosto, il 25 aprile 2021, ha lasciato l’Italia per essere rinchiusa a vita in un parco-zoo per orsi in Germania, lo stesso dove anni fa fu rinchiusa Jurka.

 

Un mesetto più tardi, mentre il dissenso è messo già a dura prova dalle misure anti-COVID e dalla loro strumentalizzazione, a Maurizio Fugatti viene data una scorta armata per presunte minacce alla sua incolumità da parte degli animalisti, un palese tentativo di criminalizzare e screditare una legittima opposizione al modello di gestione imposto dalla PAT, che ingabbia e stermina la fauna selvatica. Questo non intimidisce lə attivistə della campagna #StopCasteller, che si impegnano in altre due manifestazioni nazionali e in una protesta contro la presenza (poi annullata) di Cingolani, ministro della Transizione Ecologica assolutamente insensibile alla situazione degli orsi in Trentino, al Festival dell’Economia di Trento.

 

Nel frattempo la PAT redige un gravissimo documento che prevede abbattimenti urgenti da svolgersi in tempi rapidissimi per comportamenti in realtà perfettamente legittimi e che non costituiscono un reale rischio per nessunə. L’abbattimento come strategia privilegiata non è altro che una strategia per soddisfare le richieste degli allevatori – elettori storici della Lega – che hanno invaso l’habitat degli orsi e pretendono di lasciare le loro arnie e mandrie incustodite. Ma, fortunatamente, a fine settembre 2021 il TAR di Trento blocca gli abbattimenti degli orsi trentini grazie al ricorso presentato da LEAL – Lega Antivivisezionista, Lega Nazionale Per La Difesa Del Cane (LNDC Animal Protection) e WWF Italia. Il 25 giugno le associazioni avevano presentato un ricorso al TAR per l’annullamento delle disposizioni del paragrafo 5 (in particolare dei paragrafi 5.1, 5.2 e 5.3) e 6 delle nuove linee guida per la gestione degli orsi elaborata dalla Provincia Autonoma di Trento, quanto «palesemente illegittime».

A inizio novembre 2021 la pronuncia del Consiglio di Stato si pronuncia in favore del ricorso di ENPA e OIPA rispetto alla liberazione di M57. Infatti, il 29 aprile ENPA – Ente Nazionale Protezione Animali e OIPA facevano ricorso contro il pronunciamento del TAR di Trento, che condannava M57 all’ergastolo nel Casteller. In quei giorni cadeva anche la disposizione di cattura nei confronti dell’orsa JJ4. M57 aveva aggredito un carabiniere ad Andalo nell’agosto del 2020: la Provincia Autonoma di Trento lo condanna così all’ergastolo, con l’accusa di aver attaccato senza essere stato provocato e di non essersi allontanato in seguito all’attacco. In realtà, dalle stesse dichiarazioni del carabiniere e della sua compagna, che in quel momento si trovava insieme a lui, emerge che i due hanno messo in atto diversi comportamenti sconsigliati, e in questo senso provocatori. Ad ogni modo, l’orso provocato non ha attaccato, ma si è limitato a passare all’avvertimento fisico, ferendo il carabiniere. La PAT applica comunque il grado più grave di pena prevista dal PACOBACE, contravvenendo però a quanto previsto dallo stesso piano in materia di tutela dell’orso. Il primo giudice, con un’istruttoria decisamente insufficiente, accoglie la condanna e M57 è rinchiuso nel Casteller da quel momento, da poco meno di un anno e mezzo. Con il ricorso di ENPA e OIPA si prospetta la possibilità per M57 di tornare in libertà, monitorato da radiocollare. Nell’appello si legge però che «non può […] escludersi che l’esemplare M57, provato dalla prolungata captivazione, abbia accumulato, in tale contesto di lunga permanenza in un luogo non gradevole, un’aggressività aggiuntiva, determinata dalla captivazione disposta in presenza di presupposti carenti, e dalle particolari condizioni della stessa. […] La Provincia di Trento, consultato preventivamente l’ISPRA, nell’esecuzione della presente sentenza dovrà pertanto valutare se le condizioni attuali dell’esemplare M57 abbiano inasprito l’aggressività dello stesso al punto da suggerire l’adozione di misure diverse dalla sua liberazione». Ciò significa che la PAT, la stessa che ha condannato illecitamente M57 all’ergastolo, intaccando il suo stato psico-fisico e quindi alterando il suo temperamento, rendendolo così potenzialmente più “pericoloso”, sarà anche colei che deciderà dell’effettiva possibilità della sua liberazione. Come al solito, le colpe degli oppressori ricadono impunemente sulla pelle degli oppressi.

 

Vogliamo la libertà per M57, ma non solo, vogliamo la liberazione di tutti gli orsi in Trentino, in un’ottica di convivenza intraspecie.