Sono passati quattro giorni dalla pubblicazione del video che testimonia le inaccettabili condizioni di detenzione dellə orsə nel Casteller (https://fb.watch/3BDyLfuowB/) e Fugatti & Co. non smettono di stupirci con gaffe che superano anche le nostre peggiori aspettative. Una delle ultime può addirittura vantare l’appoggio di sedicenti sindacalistə animalistə. Ma andiamo con ordine.
Il 6 dicembre dell’anno scorso la consigliera Lucia Coppola chiede al Presidente della PAT, Walter Kaswalder, di prendere in considerazione e rispondere alle proteste delle animaliste valtellinesi (Stefania, Barbara e Daniela), ormai da mesi impegnate in uno sciopero della fame per lə orsə detenutə al Casteller.
Esclusive immagini shock del Casteller, riprese da attivist* antispecist* tre giorni fa, che mostrano le reali condizioni di detenzione dei prigionieri M49, M57 e DJ3.
In questo breve video, ecco a cosa si riferisce la Provincia di Trento quando dichiara che il benessere degli orsi chiamati DJ3, M49 e M57 è garantito. Grazie alla determinazione di alcun* attivist* antispecist* che questa mattina sono riuscit* a forzare il recinto esterno del Casteller, abbiamo finalmente la possibilità di vedere con i nostri occhi quelle che sono le condizioni di vita reali cui sono condannati gli orsi giudicati problematici nell’incantevole Trentino. Continua la lettura di Immagini del Casteller mostrano le reali condizioni di detenzione dei prigionieri M49, M57 e DJ3→
TW: razzismo, violenza di genere, femminicidio, stupro, specismo.
Dopo aver conseguito una laurea in Sociologia presso l’Università degli Studi di Trento, Agitu Ideo Gudeta era tornata in Etiopia, il suo Paese d’origine, per condurre progetti di agricoltura sostenibile. Nel 2010, a fronte dei continui espropri di terreni ai contadini da parte del governo etiope, Agitu aveva cominciato a partecipare a manifestazioni di protesta, in aperto contrasto con l’incuranza governativa sulle conseguenze ambientali della cessione di terreni a multinazionali. Perseguitata politicamente, Agitu decise di tornare in Trentino, alla ricerca di terreni abbandonati da recuperare. Realizzare il suo progetto in Italia non è stato di certo facile: all’insicurezza economica (il suo capitale di partenza ammontava a soli 200€) si aggiungeva quel razzismo sistemico che conosciamo bene e che Agitu ha esperito sulla sua stessa pelle. Ciò nonostante, è riuscita a ricrearsi una vita nel nostro Paese.
Azioni dimostrative a Trento e Rovereto a sostegno degli orsi imprigionati al Casteller. L’azione simbolica di questa mattina davanti al Palazzo della Provincia e al Mart di Rovereto riporta l’attenzione sulla scellerata gestione da parte delle istituzioni degli orsi presenti sul territorio.
Dopo la manifestazione nazionale “Smontiamo la gabbia” dello scorso 18 ottobre la campagna nazionale #StopCasteller rientra nel vivo con nuove azioni dimostrative portate avanti in molte città italiane. Segue il comunicato stampa della campagna #StopCasteller CARTELLI E MANIFESTI SONO APPARSI IN MOLTE CITTÁ ITALIANE A SOSTEGNO DEGLI ORSI TRENTINI Dopo la manifestazione “Smontiamo la gabbia” del 18 ottobre a Trento, nuove azioni della campagna nazionale #StopCasteller per la liberazione degli orsi Sono comparsi nella notte in molte città italiane – da Milano a Torino, da Vicenza a Padova, da Venezia a Treviso, da Rovereto a Trento – adesivi, manifesti e cartelli a sostegno della campagna #StopCasteller, che chiede la liberazione di M49-Papillon, M57 e DJ3, figlia dell’orsa Daniza, e la fine della persecuzione di questi animali in Trentino. I tre orsi sono attualmente detenuti nel Centro Vivaistico al “Casteller”, di proprietà della Provincia autonoma e gestito dalla Protezione Civile. Già lo scorso 18 ottobre, un corteo di 500 attiviste e attivisti da tutta Italia aveva manifestato davanti ai cancelli del Casteller, abbattendo una parte della rete di recinzione e incatenandosi in segno di protesta contro la detenzione degli orsi e per chiedere che il centro fosse chiuso o ritornasse alla sua destinazione originaria: un vivaio a tutela del patrimonio boschivo. La questione degli orsi è tornata alla ribalta nazionale dopo le due fughe dal Casteller di M49, ribattezzato Papillon, e dopo la pubblicazione di una relazione del Cites, il servizio dell’Arma dei Carabinieri che si occupa delle specie protette, a seguito di un sopralluogo nella struttura richiesto dal ministro all’Ambiente Sergio Costa. Il rapporto del CITES ha evidenziato come le condizioni in cui versano gli orsi sono inadeguate a garantire il benessere degli animali a causa degli spazi angusti che rendono difficile la convivenza e dell’uso massiccio di psicofarmaci. Il ripopolamento degli orsi nelle montagne del Trentino è iniziato nel 1996 con il progetto Life Ursus, finanziato dall’Unione Europea e volto a riportare l’orso nei territori alpini, con un rinsaldamento tra le popolazioni ursine presenti e l’espansione sull’Arco Alpino centro-orientale. Il progetto, che si è concluso nel 2004, negli ultimi anni ha messo in luce numerosi problemi di gestione, dalle proteste degli allevatori, che ricevono comunque indennizzi dalla Provincia per ogni animale ucciso o danneggiato dai grandi carnivori, alle misure repressive adottate dagli amministratori, a causa delle quali, negli ultimi venti anni, sono stati 37 gli orsi rinchiusi, abbattuti o avvelenati.
Domenica 18 ottobre
H 11:00
Stazione di Villazzano – Trento
La tutela della salute delle persone che attraversano la piazza ha priorità assoluta. Indossa la mascherina e mantieni la distanza di un metro dalle altre persone.
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La manifestazione durerà tutta la giornata, portati il pranzo al sacco, l’acqua, la mascherina, scarpe da montagna e indumenti adatti in caso di pioggia.
Fra il 1999 e il 2002 viene realizzato in provincia di Trento il Progetto Life Ursus finanziato dall’Unione Europea, con finalità di ripopolamento degli orsi bruni, all’epoca sostanzialmente estinti nell’arco alpino. Evidentemente, qualche ors* nei boschi fa bene al turismo e alle casse provinciali, deve aver pensato qualcuno. Ma bastano pochi anni e ci si rende conto che la presenza dell’orso Yoghi non è compatibile con un modello di turismo consumista e invasivo, nel contesto di un territorio in realtà ampiamente antropizzato.