Gli Amigos, il Parmigiano Reggiano e lo specismo che non si vuole vedere.

Gli Amigos è un cortometraggio di Paolo Genovese uscito per Akita Film un paio di mesi fa, che sta facendo parecchio discutere in questi giorni. Non è altro che mera pubblicità a quella che è considerata una delle più grandi eccellenze italiane: il Parmigiano Reggiano.

Il cortometraggio ha fatto discutere perché romanticizza lo sfruttamento delle classi più svantaggiate di lavoratorə, facendo passare una vita dedicata al lavoro, 365 giorni l’anno, senza ferie, senza aver mai visto il mare o Parigi, senza aver mai sciato, come qualcosa di virtuoso e non, come invece è, una forma di schiavitù. “Renatino” (il diminutivo non sarà casuale) è il lavoratore sfruttato, che dichiara di essere felice così: e per forza, perché su cos’altro dovrebbe essere basata la felicità in un sistema capitalista e liberale, per cui il lavoro non retribuito, il riposo, lo svago non sono altro che una perdita di tempo?

Dall’altra parte, un gruppo di giovani che vuole realizzare i suoi sogni legati al mondo della ristorazione è in competizione con altri gruppi che condividono i loro stessi sogni: è chiaro che solo alcunə, quellə più bravə, quellə che ammirano “Renatino” per il fatto che non ha mai visto il mare pur di lavorare 365 giorni l’anno, possono permettersi di vincere, lə altrə non sono altro che perdenti, privə del diritto di realizzare i propri sogni, perché solo lə migliori possono farlo.

E poi c’è il solito, enorme referente assente (assente anche per chi critica il classismo disgustoso su cui si costruisce il film): gli animali non umani. Quando il gruppo di aspiranti ristoratorə arriva nelle stalle, le mucche vengono mostrate e descritte come “docili”, docili perché vengono trattate “bene”, nutrite e coccolate in modo “naturale”. Ma non c’è proprio nulla di “naturale” nel ridurre un animale libero in schiavitù, nell’ingravidarlo artificialmente e forzatamente, nel privarlo di suo figlio (che diventerà carne da macello) o di sua figlia (che diventerà a sua volta una schiava dell’industria del latte) e nell’ucciderlo non appena non è più abbastanza produttivo. Questo non è trattare “bene” o, come si sente dire più spesso, “benessere animale”.

Anche questa è lotta di classe, anche questo è femminismo, ma è soprattutto specismo. Continuare a non vedere o, peggio, a non voler vedere chi c’è innanzitutto dietro alle violenze perpetrate da aziende come quella del Parmigiano Reggiano è un immobilismo davvero problematico per la tanto decantata rivoluzione, per la liberazione di tutte le classi oppresse, perché, come diceva Audre Lorde: «gli strumenti del padrone non smantelleranno mai la casa del padrone», e persistere nello specismo è quanto di più vicino ci sia a prendere le parti del padrone.